
VITAMINA D: LA INTEGRIAMO COMUNQUE?
VITAMINA D: dilemma…a chi darla e a chi no?
In che dosaggio?
E gli anziani? Tutti ne possono beneficiare?..
In questo breve articolo, mi voglio concentrare sulla popolazione geriatrica e valutare i pro ed i contro di una possibile integrazione.
A causa della maggiore aspettativa di vita, l’invecchiamento e i meccanismi che lo determinano sono diventati un’ interessante argomento di studio e di ricerca. In questa fase della vita insieme a cambiamenti innocui e fisiologici, ci sono cambiamenti patologici che aumentano il rischio di malattia, disabilità o morte legati allo sviluppo di fragilità e malattie croniche.
In base alla loro qualità di vita/ disabilità , gli anziani possono essere distinti in due gruppi: anziani FIT o anziani FRAGILI.
L’invecchiamento è una condizione fisiologica che determina una ridotta funzionalità di organi e sistemi. Spesso questo può causare situazioni di fragilità, e la più grande sfida della medicina futura è proprio quella di ridurre il carico delle malattie croniche negli anziani e mantenere lo status di salute, più a lungo possibile.
Frequentemente gli anziani sono colpiti da due condizioni: demenza e sarcopenia. Entrambe, sia singole che associate, definiscono un anziano come soggetto Fragile.
La sarcopenia e le sue conseguenze (debolezza, lentezza, riduzione dell’attività fisica e perdita di peso) sono caratteristiche essenziali della “fragilità fisica” . Mentre il deterioramento cognitivo è una caratteristica della “fragilità cognitiva”
Cosa c’entra la VITAMINA D? Negli anziani fragili, secondo studi in letteratura, recenti e meno recenti, si è rilevata di frequente, ipovitaminosi D.
Con il termine “sarcopenia”, si indica una condizione caratterizzata da ridotta massa muscolare e ridotta forza muscolare (“dinapenia”). Queste diminuzioni portano a una riduzione delle prestazioni fisiche del soggetto, addirittura determinando una condizione di allettamento.
Secondo la definizione EWGSOP ( European Working Group on Sarcopenia in Older People) la prevalenza stimata di sarcopenia è del 10–40% tra gli anziani in comunità, tuttavia, questa prevalenza aumenta nei contesti assistenziali. A causa della crescente aspettativa di vita, il numero di pazienti che vivono con sarcopenia dovrebbe aumentare a oltre 200 milioni nei prossimi 40 anni .
Questo è un dato fortemente drammatico, dal momento che essere sarcopenici aumenta i costi sanitari e diminuisce la qualità della vita nei pazienti più anziani.
Nel nostro “mondo che invecchia”, anche il deterioramento cognitivo è in costante aumento. Il World Alzheimer Report 2018 afferma che circa 50 milioni di persone in tutto il mondo soffrono di demenza e la proiezione epidemiologica prevede che questi numeri dovrebbero salire a 152 milioni entro il 2050.
La forma più diffusa di demenza è la malattia di Alzheimer (AD)
Sia la sarcopenia che la demenza sono state associate all’ipovitaminosi D, che si pensa possa essere uno dei meccanismi causali. Le linee guida di diverse società scientifiche e di diversi paesi stabiliscono che la soglia di ipovitaminosi D sia inferiore a 50 nmol / L.
La maggior parte degli studi indica che con una VITAMINA D inferiore a 50 nmol / L, il metabolismo osseo è compromesso e vi è un aumentato rischio di fratture, cadute e miopatia .
Questo però non deve indurre in errore e in eccesso di zelo, in quanto articoli recenti hanno sollevato avvertenze relative agli effetti tossici di alte dosi di vitamina D: la somministrazione di un bolo di vitamina D3 superiore a 50.000 UI può comportare un aumento del rischio di cadute e fratture. Inoltre, livelli di vitamina D superiori a 150 nmol / L sono stati associati ad un aumento della mortalità in uno studio su un’ampia popolazione condotto da Amrein nel 2014.
Perchè negli anziani si ha spesso una carenza di VITAMINA D?
L’ipovitaminosi D nei gruppi di età più avanzata è principalmente dovuta alla ridotta capacità della pelle di sintetizzare il colecalciferolo dal suo precursore: 7-deidrocolesterolo. Insieme a una ridotta sintesi di VITAMINA D, i soggetti più anziani hanno mostrato una ridotta espressione dei recettori della VITAMINA D (VDR). Questi due fenomeni cooperano all’amplificazione dell’effetto dell’ipovitaminosi D durante l’invecchiamento .
L’ipovitaminosi D è stata identificata come una caratteristica comune tra le malattie ampiamente diffuse nella senescenza come
, la sarcopenia e il deterioramento cognitivo.
Dove sono presenti i recettori per la VITAMINA D?
I recettori per la VITAMINA D (VDR) sono espressi nelle fibre muscolari umane, specialmente durante le prime fasi dello sviluppo, e diminuiscono con la maturazione .
La VITAMINA D ha un ruolo determinante nella contrazione muscolare , dal momento che è coinvolta nella regolazione dei canali del calcio di membrana.
In laboratorio, è stato possibile dimostrare che i topi, modificati geneticamente, senza recettori per la VITAMINA D, hanno massa muscolare ridotta e hanno un diametro delle fibre stesse, nettamente ridotto.
Un’ipotesi molto interessante è quella che conferisce un ruolo significativo alla VITAMINA D, nella degradazione muscolare attraverso il sistema dipendente dall’ATP-ubiquitina . Il meccanismo è complesso, ma di base l’aumentata atrofia muscolare associata a carenza di VITAMINA D, si associa a ridotta capacità anaerobica e ridotta tolleranza all’esercizio fisico.
In un ampio studio del 2019 su oltre 4000 anziani residenti in comunità, Aspell et al. Hanno mostrato che i pazienti con VITAMINA D inferiore a <30 nmol / L avevano maggiori probabilità di avere una funzione muscolare compromessa con una riduzione delle prestazioni fisiche e della forza muscolare, ma non un aumento del rischio di cadute
I recettori per la VITAMINA D, sono espressi anche nel sistema nervoso centrale, e questo sta supportando le ipotesi del ruolo di quest’ultima nella salute del cervello e nelle prestazioni cognitive.
In laboratorio i topi con bassi livelli di VITAMINA D, perdono abbastanza rapidamente le funzioni cognitive ed inoltre accumulano rapidamente placche di beta amiloide, ovvero le lesioni tipiche dei pazienti malati di Alzheimer.
Nell’uomo, alcuni studi hanno suggerito che livelli più bassi di VITAMINA D sono associati a una cognizione più scarsa nei pazienti affetti da problemi cognitivi, tuttavia non è stata dimostrata una perdita più rapida delle prestazioni cognitive. Inoltre, nei soggetti più anziani che lamentano deficit di memoria senza diagnosi di demenza, l’ipovitaminosi D è stata associata a prestazioni cognitive inferiori, vale a dire una minore flessibilità mentale .
Nonostante le prove accumulate sul legame tra la carenza di VITAMINA D e salute muscolare / cognitiva (specialmente negli anziani), il ruolo della supplementazione di VITAMINA D nel recupero della massa muscolare e nel rallentamento delle funzioni cognitive , non è ancora stato dimostrato. Le meta-analisi e le revisioni sistematiche della letteratura sono state in grado di trovare solo un miglioramento minore, spesso non statisticamente significativo, della forza muscolare con l’integrazione di VITAMINA D, anche se associato con l’integrazione di calcio e l’esercizio fisico .
Concluderei sottolineando che sarebbe bene fare un dosaggio semestrale della VITAMINA D, soprattutto nei soggetti fragili, allo scopo di capire e agire in modo tempestivo, per evitare di sottovalutare e aggravare condizioni che potrebbero essere ben prevenute.
Dott.ssa Stefania De Chiara
BIBLIOGRAFIA
Macdonald, H.M.; Reid, I.R.; Gamble, G.D.; Fraser, W.D.; Tang, J.C.; Wood, A.D. 25-Hydroxyvitamin D Threshold for the Effects of Vitamin D Supplements on Bone Density: Secondary Analysis of a Randomized Controlled Trial. J. Bone Miner. Res. 2018, 33, 1464–1469
Aspell, N.; Laird, E.; Healy, M.; Lawlor, B.; O’Sullivan, M. Vitamin D Deficiency Is Associated With Impaired Muscle Strength And Physical Performance In Community-Dwelling Older Adults: Findings From The English Longitudinal Study Of Ageing. Clin. Interv. Aging 2019, 14, 1751–1761.